La terapia breve strategica (TBS) è un approccio terapeutico che ha come scopo fondamentale la soluzione di problemi psicologici attraverso l’applicazione di strategie e protocolli di trattamento specifici per i vari disturbi. Si tratta di un intervento breve cioè che mira ad agire efficacemente sul disagio psicologico entro un numero ridotto di sedute (al di sotto delle 20, anche se vi sono casi di terapie concluse nell’arco di 7 sedute), arrivando a produrre effetti benefici e di cambiamento radicale e duraturo.
La terapia, dunque, a differenza di altri approcci terapeutici si concentra su come funziona il problema, quali sono gli elementi che mantengono i sintomi per intervenire attivamente su di essi e rompere il circolo vizioso alla base della sofferenza psicologica.
L’aspetto rivoluzionario dell’approccio breve strategico è il basarsi sulla logica non ordinaria, utilizzando stratagemmi che consentono di superare le difficoltà che la ragione non è in grado di affrontare.
L’intervento strategico si basa su un modello sviluppato a partire dagli studi dell’ipnotista e terapeuta Milton Erickson che riteneva importante non tanto scavare nel passato del paziente, quanto concentrarsi sul presente, sul qui e ora, sulla ricerca di soluzioni semplici per problemi complessi attraverso il problem solving strategico. Erikcson riteneva, infatti, che anche se le cause del malessere affondano le proprie radici nel passato, conoscerle non è funzionale a risolvere il disagio psicologico.
La sua proposta, dunque, è quella di una terapia che non passa necessariamente attraverso l’insight, ma che arriva al superamento dei problemi psicologici nel più breve tempo possibile, focalizzando l’attenzione su questioni ben specifiche. La pratica clinica di Erickson è alla base del modello della terapia breve strategica, insieme ai contributi arrivati dalla teoria della comunicazione di Gregory Bateson e agli sviluppi costruttivisti della teoria cibernetica.
Tutto ciò è poi confluito nella scuola di Palo Alto, che ha come maggior esponente e teorico Paul Watzlawick. In Italia, però, il punto di riferimento fondamentale e contemporaneo per la terapia breve strategica è Giorgio Nardone, allievo diretto ed erede di Watzlawick. È Nardone ad aver elaborato un modello di intervento clinico del tutto originale e specifici protocolli di trattamento dei disturbi alimentari e dei disturbi ossessivo-compulsivi.
Un principio fondamentale della terapia breve strategica è che l’intervento deve essere adattato alla persona, famiglia, coppia che si rivolge al terapeuta per affrontare un disagio. Di conseguenza la terapia breve strategica non parte da una teoria a proprio assoluta, ma lavora sullo specifico problema manifestato e sulla base dell’obiettivo da raggiungere. In particolare il terapeuta che applica un approccio breve strategico si concentra su funzionalità o disfunzionalità del comportamento dell’individuo, vissuto emotivo della persona e, soprattutto, sul modo di interagire e costruire la realtà.
Il primo passo è l’indagine sulle tentate soluzioni. Con questo termine si indicano tutte quelle azioni, pensieri, dinamiche relazionali che si mettono in atto quasi automaticamente di fronte al problema, senza riuscire in alcun modo a risolverlo. Sono proprio questi tentativi ripetuti che alimentano il problema, più che risolverlo, aggravando la situazione. Spesso chi sperimenta l’inefficacia delle tentate soluzioni si rende conto che non sono funzionali, non gli permettono di fare passi avanti. Ma nonostante questo riconoscimento della loro inutilità, non si riesce ad agire altrimenti e si finisce con il perdere completamente fiducia nella possibilità di un cambiamento. Le tentate soluzioni sono una base da cui partire per provare ad applicare soluzioni alternative, strategie fino ad ora del tutto ignorate e non considerate: piuttosto che continuare a fare qualcosa che non funziona, si cerca di trovare possibilità altre. Ciò significa cambiare modo di pensare, abitudini e comportamenti.
L’intervento strategico, dunque, va ad agire per spezzare la rigidità di comportamenti controproducenti e inefficaci attraverso nuovi modi di vedere le cose ed esperienze emozionali correttive, cioè esperienze concrete che siano in grado di mettere la persona nella condizione di provare qualcosa di diverso rispetto alla realtà da cambiare. Il paziente così, rapidamente, acquisisce la capacità di trovare autonomamente nuove prospettive e punti di vista da cui guardare alle difficoltà per affrontarle con elasticità, riuscendo ad escogitare delle strategie risolutive alternative. È la soluzione che si adatta al problema, non viceversa.
La psicoterapia breve strategica anche se direttiva poiché è il terapeuta a guidare il paziente, assumendo il ruolo di “consigliere esperto” assegnandogli degli esercizi da svolgere, ha come scopo ultimo quello di far acquisire autonomia e capacità personali per gestire le sfide quotidiane e le esperienze della vita. I risultati si vedono già dopo la prima seduta e vengono misurati durante tutto il processo terapeutico, non solo tra l’inizio e la fine della terapia, e sono proprio i risultati ottenuti in ogni fase a guidare i passi successivi.